I capolavori del “Futurismo” in mostra al Palazzo Blu di Pisa

Arriva a Pisa, nelle sale di Palazzo Blu, la tanto attesa mostra dedicata al Futurismo, movimento che caratterizzò la prima metà del Novecento, in programma fino al 9 febbraio 2020. Un progetto espositivo che si colloca in una linea di perfetta continuità scientifica con le precedenti mostre ospitate in riva all’Arno seguendo, dopo la parentesi dedicata al “Surrealismo“, un percorso che ha il merito di riunire gli artisti più significativi del movimento futurista nato il 20 febbraio del 1905, con la pubblicazione sul quotidiano francese “Le Figaro” del “Manifesto del Futurismo” ad opera di Filippo Tommaso Marinetti. Destinato a cambiare radicalmente l’arte italiana e il modo di esprimersi degli artisti nei primi anni del XX secolo, il futurismo fu un movimento che si pose in un’ottica di netta rottura con il suo recente passato artistico, proiettando le sue opere ed i suoi interpreti verso nuovi linguaggi e nuove forme di espressione dell’arte, rivoluzionando non solo la pittura, ma anche la poesia, la scultura, l’architettura, il teatro e perfino la pubblicità. La mostra suddivisa in nove sezioni, ognuna dedicata ad una pagina del “Manifesto Futurista”, ospita più di cento opere provenienti dai più importanti musei nazionali ed internazionali e collezioni private, vantando veri e propri capolavori firmati da Umberto Boccioni, Gino Severini, Giacomo Balla, Carlo Carrà, Fortunato Depero, Ardengo Soffici e molti altri personaggi del movimento, protagonisti ed icone dell’arte italiana.
Opere che si suddividono e delineano perfettamente le sezioni della mostra, iniziando con il descrivere l’arte “prima del futurismo“, capace di mostrare, nel periodo precedente l’adesione al movimento, la stagione prettamente figurativa di questi grandi artisti, per poi passare dalle “sculture” alle “parole in libertà“, dall’ “architettura” alla “ricostruzione futurista dell’universo“, fino all’ “arte meccanica” e all’esaltazione della “guerra“, nella cui sezione dedicata troviamo l’opera di Giacomo Balla dal titolo “Forme grido viva l’Italia“, scelta come immagine ed icona dell’esposizione. Un’ opera nelle cui linee sono racchiuse tutta la forza e la sintesi dell’arte futurista, affascinata dalla velocità delle macchine e dal dinamismo delle forme, qui raffigurate e intese come esaltazione del primo conflitto mondiale.
La mostra, curata da Ada Masoero, consente di imbatterci lungo il percorso espositivo in opere celebri che hanno segnato la storia del futurismo, come la scultura in bronzo “Sviluppo di una bottiglia nello spazio” di Umberto Boccioni realizzata nel 1912, accompagnata da un breve video documentario in grado di arricchire e fornire al visitatore un’esperienza a tutto tondo nel mondo e nel pensiero dell’artista, oppure come non citare il celebre “Pupazzo Campari” realizzato nel 1925 da Fortunato Depero, artista di elevato estro artistico, protagonista indiscusso con le sue molteplici opere di quegli anni rivoluzionari della storia dell’arte. La mostra si conclude al primo piano di Palazzo Blu con l’ultima sezione dedicata all’ “Aeropittura” che contraddistinse a pieno il movimento nel suo periodo a cavallo degli anni ’30, raffigurando e celebrando scene aree, flotte di “celesti e metallici aeroplani” in volo (per dirla con le parole di Giacomo Balla) e paesaggi visti dall’alto, come quelli raffigurati nell’opera del 1939 di Tullio Crali, dal titolo “Prima che si apra il paracadute“, in grado di trasmetterci tutta la vertigine e il senso di sospensione durante la discesa, ma anche la precisione e la spettacolarità del rischio dell’atterraggio su quei lontani spicchi di terreno, raffigurati come tanti piccoli rettangoli celesti.
Testo e fotografie a cura di Simone Teschioni
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