“What I saw on the road” arriva a Palazzo Pitti la monografica su Kiki Smith

L’artista americana Kiki Smith, conosciuta al pubblico internazionale come icona dell’arte femminista, arriva a Palazzo Pitti con la sua prima mostra monografica in Italia, in programma fino al 2 giugno 2019. Intitolata “What I saw on the road”, l’esposizione si presenta come il terzo appuntamento di un ciclo dedicato alle donne inaugurato da Maria Lassnig e proseguito poi con l’omaggio all’artista di Ulassai, Maria Lai, trovando in Kiki Smith, la sintesi perfetta di entrambi i percorsi. Un percorso curato da Renata Pintus, che come un’ “anima mundi” riunisce nelle sale dell’Andito degli Angiolini, la ricchezza di quaranta opere dell’artista, presentandosi con ben dodici arazzi della serie dei quindici realizzati dal 2011 in cotone jaquard, accompagnati da una selezione di opere su carta e sculture in bronzo, legno ed argento.

La fragilità dei materiali utilizzati nella creazione delle opere che qui troviamo esposte, sinonimo della fragilità umana, permette all’artista di dialogare con il visitatore mettendo al centro una riflessione non più introversa e legata al corpo, tipica della prima produzione di Kiki Smith, ma un linguaggio molto più ampio, comprendendo quasi per opposto tutto ciò che accade proprio fuori dal corpo stesso. E’ questo il significato e la chiave di lettura, non solo del titolo scelto per la mostra “What i saw on the road”, ma anche del recente percorso intrapreso dall’artista dell’Upstate New York:  interagire con ciò che osserviamo nel nostro cammino e confrontarlo con la nostra esperienza personale, con la nostra più intima essenza, creando un unico legame tra l’essere umano e il cosmo. Una narrazione animata dall’iconografia personale dell’artista, in cui possiamo cogliere precisi riferimenti provenienti dal mondo animale, mitologico e fiabesco, ispirata in parte all’ambiente dei boschi e alla grande vallata dell’Hudson River dove l’artista principalmente vive, in cui i protagonisti sono queste figure ritratte anche negli arazzi, scelte a volte come spiriti guida ed altre invece come personificazione delle emozioni e delle paure umane.

Testo e fotografie a cura di Simone Teschioni
©Levento


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