L’eredità artistica di Osvaldo Licini al Guggenheim di Venezia nell’omaggio tra Amalassunte e Angeli Ribelli

Che un vento di follia totale mi sollevi” questo il motto di Osvaldo Licini, che si presta a titolo dell’esposizione inaugurata il 22 Settembre 2018 nelle sale del Museo Guggenheim di Venezia, tra infiniti leopardiani, “Amalassunte” e “Angeli Ribelli”. Una mostra che ci permette di osservare l’arte di Licini attraverso i suoi occhi, la sua immaginazione, in un percorso a cura di Luca Massimo Barbero che spazia dalle origini degli studi bolognesi , nel confronto dei paesaggi con Carlo Carrà e Giorgio Morandi, passando per la fascinazione razionalista degli anni ’30 attraverso la corrispondenza pittorica con Fontana e Melotti, per arrivare infine con l’ “Archipittura”, alla liberazione totale del genio di Monte Vidon Corrado, nella creazione di un proprio linguaggio, popolato di simboli e figure mistiche.

La mostra, a distanza di sessant’anni, torna a celebrare nelle undici sale di Palazzo Venier dei Leoni, con la presenza di oltre cento opere, il talentuoso pittore marchigiano vincitore nel 1958 del Gran Premio per la pittura alla XXIX Biennale di Venezia. Ripartire dal 1958, quell’anno che incoronò Licini tra i grandi dell’arte italiana e internazionale, ma che segnò purtroppo anche la sua scomparsa l’11 ottobre, nel suo dolce paese in provincia di Fermo. Un pittore, come più volte era solito definirsi lo stesso Licini, “errante, erotico ed eretico“, che dall’alto del suo luogo appartato e protetto, non ha mai smesso di guardare con curiosità al mondo dell’arte e a tutte le novità del secolo breve, dimostrato anche dai suoi numerosi viaggi a Parigi e dal confronto con gli altri colleghi pittori. Nelle prime sale della mostra tra i vari ritratti presenti, possiamo notare nelle forme dei soggetti già quel segno e quel tratto, che Licini porterà con se in tutti i suoi successivi sviluppi creativi. Un tratto che come un’onda, ritroviamo non solo nei due dipinti raffiguranti il “Pastorello” e il “Ritratto di Nanny” del 1925, ma che lo accompagnerà per tutti gli anni ’20 anche nella sua produzione paesaggistica, ben marcato nel “Paesaggio con l’uomo (Montefalcone)” del 1926 e nel “Paesaggio marchigiano (Il Trogolo)” del 1928. Dopo le assonanze razionaliste e astrattiste, con cui Licini cerca di evadere dal realismo, che domina sempre di più negli anni trenta la scena italiana, è nella traduzione e nella creazione delle “Amalassunte“, che prenderà vita il proprio linguaggio. Lettere e simboli, personaggi ricchi di mistero che nella mente del pittore, si traducono liberamente in queste forme bisbetiche, fumatrici, dall’aria regale, ispirate alla luna e al volo fantastico. Vere e proprie creature portatrici di sogni e di sentimento. L’amore per l’ “Amalassunta” lascerà poi spazio nella pittura di Osvaldo Licini, alla ribellione dell’angelo, altra figura cardine della poetica dell’artista, carica anche questa di una nutrita simbologia mitologica. L’ “Angelo Ribelle” dalla metà degli anni ’40 seguirà l’artista nella sua ultima fase pittorica, innalzandosi a portatore della poesia dell’eremita di Monte Vidon Corrado, così definito dai suo amici, e a suo più intimo ambasciatore.

Tutti gli Angeli ribelli riguardano a te
anima mia – a te – bella silenziosa
che da lontani astri scivolando, qui sei ben venuta
senza timore di umiliarti, nuda come la rosa
nella capanna del mio perduto cuore,
per associar la tua sorte al mio destino“.
(Osvaldo Licini, 22 marzo 1894 – 11 ottobre 1958 Monte Vidon Corrado)

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Testo, video e fotografie a cura di Simone Teschioni
©Levento


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