Marina Abramović “The Cleaner”, 50 anni di carriera in mostra a Palazzo Strozzi

La grande mostra retrospettiva dedicata ai 50 anni di carriera di Marina Abramović, intitolata “The Cleaner”, arriva a Palazzo Strozzi dal 21 settembre al 20 gennaio 2019. Una panoramica totale sull’artista che riunisce la bellezza di 100 opere, tra cui 5 re-performance live, 2 opere partecipative e 5 oggetti transitori che permettono di porre l’accento sui lavori più famosi della carriera della performer, che ha fatto del suo corpo un vero e proprio manifesto dell’arte, dagli anni ’70 ai recenti anni 2000, comprese le esperienze vissute e condivise con il compagno artista Ulay, in dodici anni di relazione tra arte, performance e passione.
“L’Italia è sempre stata importante per me fin da bambina. Ricordo quando con il treno in seconda classe, andavamo a Trieste con la mia famiglia a comprare i jeans perché da noi c’era il Comunismo e non c’erano i soldi”, così Marina Abramović che poi aggiunge: “il motivo per cui amo così tanto l’Italia è perché gli italiani sono un popolo così sentimentale, così drammatico, intensi e coraggiosi; sono come me“.
Con la mostra “The Cleaner”, per la prima volta nella storia di Palazzo Strozzi verrà ospitata un’esposizione totalmente al femminile di un’artista contemporanea, “I’m the first one, and i hope not the only one” aggiunge l’Abramović in conferenza stampa. Il percorso attraverso l’arte di Marina Abramović comprende tutti gli spazi del palazzo, a partire dal cortile dove troviamo il celebre furgone Citroën Type H, che ha unito Marina e Ulay nella loro esperienza “on the road”, allestito al suo interno per l’occasione con un’installazione audio e video. Proseguendo nelle sale della Strozzina, ci troviamo davanti agli esordi del’artista di Belgrado, con due opere come “Black Clouds Coming” del 1970 e “Cloud with its Shadows“, che anticipano lo slide show e il tavolo con i 72 oggetti della performance “Rhythm 0“. Una performance dura, fisica, di resistenza, con cui l’artista si mise alla prova nel 1974 rischiando perfino la vita. La prima delle cinque re-performance che incontriamo in mostra è “Feeling the Body“, eseguita come nel caso delle altre quattro presenti ai piani nobili di Palazzo Strozzi, da giovani performer allenati fisicamente e appositamente formati da Lynsey Peisinger. In “Feeling the Body” il/la performer è accompagnato/a da un percussionista dal vivo. Il ritmo tribale e la musica rappresentano l’energia e il supporto su cui l’artista si muove, danzando con una benda nera sul volto, fino allo stremo delle forze.
Salendo al primo piano di Palazzo Strozzi, l’ingresso è subito fortemente caratterizzato da un’altra re-performance, in questo caso da “Imponderabilia“, eseguita per la prima volta nel 1977 a Bologna, davanti all’ingresso della Galleria Comunale d’Arte Moderna, creando ai tempi non poco scalpore. Il visitatore ha così a Palazzo Strozzi la possibilità di rivivere la performance, passando tra i corpi nudi che lo attendono immobili, come se fossero gli stipiti di una porta. Grazie all’esecuzione di questa prova, si viene introdotti davanti alle grandi collaborazione che Marina Abramović ha condiviso da metà degli anni ’70 con Ulay, come le performance simbolo di “Light/Dark“, “AAA-AAA” e “Breathing in/Breathing out” trasferite su supporto digitale e riprodotte in bianco e nero su tre grandi schermi. Molte sono le opere, le performance e gli oggetti che hanno segnato la carriera di questa grande artista e che troviamo a Palazzo Strozzi, nonostante la “pulizia” operata nell’allestimento di “The Cleaner”: dal celebre “Rest Energy” con arco e freccia del 1980 riprodotto in video, al riallestimento di “Balkan Baroque” presentato alla Biennale di Venezia e vincitore del Leone d’Oro nel 1997, caratterizzato da un forte impatto olfattivo e composto da una pila di ossa di bovino sterilizzate, che l’artista ai tempi della performance come illustrato in video, ripuliva dai residui di carne, tendini e cartilagine all’interno di una stanza buia, cantando canzoni della tradizione popolare serba, creando così un manifesto universale contro tutte le guerre.
Proseguendo nel passato e nella storia delle performance di Marina Abramović che hanno letteralmente rivoluzionato il modo di vedere e intendere l’arte, ritroviamo interpretati “Cleaning the Mirror” del 1995, “Luminosity” del 1997 di forte impatto e intensa spiritualità, dove la performer seduta in equilibrio sul sellino di una bicicletta, resta immobile, bilanciandosi solo con l’uso delle braccia e delle gambe che si muovono lentamente, tracciando nello spazio circostante, linee quasi vitruviane; e “The House with the Ocean View” del 2002, per un isolamento totale dell’artista che durerà ben 12 giorni in digiuno e silenzio, sotto gli occhi del pubblico che avrà luogo dal 28 novembre al 9 dicembre. La grande retrospettiva di Palazzo Strozzi si chiude inevitabile con l’allestimento nell’ultima sala, di una delle grandi sfide di Marina Abramović tenutasi nel 2010 al MoMA di New York, intitolata “The Artist is Present“. Seduta davanti ad un tavolino, Marina rimase immobile a fissare oltre milleseicentosettantacinque persone, che ogni minuto si alternavano a sedere davanti a lei, guardandola fissa negli occhi per un totale di più di settecento ore. La performance che rese ancora più celebre l’artista, consacrando definitivamente il suo modo di fare arte performativa anche agli occhi delle nuove generazioni, fu arricchita dalla presenza di Ulay, sorprendendo il pubblico e Marina stessa, ricreando dopo quasi trent’anni in quel preciso istante, una forte carica energetica data dallo sguardo e dalla visibile commozione dei due, che non si erano più incontrati dal lontano 1988, quando si separarono all’ombra della Grande Muraglia Cinese.
Testo, video e fotografie a cura di Simone Teschioni
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